Ecco il feedback dei partecipanti al workshop completo SPEX online iniziato ad aprile e terminato a luglio 2022.

1. Sei riuscit* ad amplificare la tua percezione di te stess*? Perché?
Sono riuscita molto più di quanto mi fossi immaginata potesse accadere, forse perché mi sono ritrovata costretta a fermarmi su me stessa, a pensare a me. Per la prima volta nella mia vita c’ero io e basta, perché quello era il compito che mi era stato assegnato.
Sono stata spinta a focalizzare le mie emozioni e a visualizzarle, esercizio che non ho mai fatto in modo così preciso. Non mi sono mai soffermata così profondamente sulle mie emozioni, penso anche per paura di ciò che poteva venire fuori, per l’insicurezza di non essere in grado di sostenere il mostro che sarebbe fuoriuscito.
Invece quando ho capito che era su quello che dovevo lavorare, allora mi sono detta “basta, è il momento, o la va o la spacca, devo tirare fuori tutto, questa è la mia occasione, non ho nulla da perdere”.
Da sola non sarei mai riuscita a fare ciò che ho fatto, ho capito che c’era bisogno di una guida di cui fidarsi e una sorta di “obbligo” a farlo, ma soprattutto sapevo che non ero da sola e se non avessi retto sarei stata supportata. Credo sia come lanciarsi col paracaduta da sola o con un’istruttrice.
Ogni esercitazione proposta è stata occasione di riscoperta o rilettura di pezzi della mia persona, delle cose vissute, delle persone importanti, del mio modo di essere in relazione.
Il feedback ricevuto dagli altri partecipanti nella modalità del commento è stato altrettanto utile per imparare a vedere quello che non prendo in considerazione di me, a non trascurare gli “scarti”, ma ad indagarli.
Vedo nuove versioni di me, alcune sono state difficili da accogliere… ma oggi mi fanno sentire più ME.
Mi sono fotografata spesso in passato, lavorando su altri aspetti dell’autoritratto. Il fatto di concentrarmi però attraverso il metodo spex sulle emozioni mi ha aiutato ad essere più cosciente di alcuni meccanismi legati all’atto fotografico e ad essere più presente su ciò che sento quando scatto. Il rappresentare poi le emozioni attraverso gli esercizi mi ha dato la possibilità di esteriorizzare delle sensazioni che a ho tendenza a soffocare e a svuotarmi di altre che mi stavano assalendo. Il risultato é stato uno stato di svuotamento e di leggerezza.
Si molto!Lo Spex è stato per me una cassa di risonanza emozionale, sono riuscita a tirar fuori emozioni che non avrei mai pensato …tirando fuori la rabbia è uscita tenerezza, dolcezza, compassione.
Sì, sono riuscita ad amplificare la mia percezione di me stessa perchè ho imparato a guardarmi “da fuori”, a guardarmi con occhi altri, ad approfondire diversi aspetti e leggermi meglio.
Si. grazie all’aiuto di Cristina e dei compagni di corso. All’inizio credo che la guida sia fondamentale per darti la giusta direzione.
2. Sei riuscit* a produrre il tuo progetto autobiografico? Spiegaci come è stato il processo.
Il progetto è nato man mano. All’inizio pensavo di dover andare in una direzione ma poi sono stata indirizzata in tutt’altro posto e non sapevo bene dove sarei arrivata e come. Ma è stato un processo naturale, molto stimolante, inaspettato e meraviglioso. Un viaggio dentro me stessa e non avevo più paura. Il progetto autobiografico è completamente diverso da quanto mi ero immaginata di me, mi sono riscoperta, spogliandomi completamente da ogni barriera che mi ero auto-inflitta e mi sono guardata in faccia e riconosciuta… forse per la prima volta.
Sì, sono riuscita a produrre il mio progetto autobiografico. È stato un processo intenso e profondo che mi ha portato a scavare e tirare fuori cose di me che prima ignoravo o che non volevo vedere.
La nascita del progetto non è stata semplice. La difficoltà era mettere insieme le fotografie senza pensare alla storia prima. Sotto la guida di Cristina è stato più semplice e cosa più importante si è evidenziato il perché di tutto il progetto quando prima era inconscio
Si anche se sono solo all’inizio, ma per l’idea del lavoro con mia madre credo di essere riuscita ad ottenere quella nuova visione del nostro rapporto.
Il processo è stato complesso, è stata un ‘altalena continua d’emozioni, di smarrimenti, di delusioni, ma anche di ripartenze, di novità che all’improvviso ha schiarito le nubi iniziali per dare spazio ad una nuova luce.
Non l’avrei mai detto, ma sì, sono riuscita a produrre il mio progetto autobiografico. Nella realizzazione della bozza ho seguito le indicazioni di Cristina, ho lavorato di pancia e spinta soprattutto dal senso estetico…la storia che ho letto alla fine, la storia che ho costruito con la scelta e la combinazione delle immagini mi ha lasciato senza parole… mi ha emozionato in profondità.

Poi, c’è stata la revisione insieme a Cristina ed ho visto affiorare una versione ancora diversa del mio percorso e della mia identità oggi. Una versione più “pacata”, più matura, più capace di gestire…ed è così che – guardando il progetto in mostra – poi mi sono sentita.
La produzione di autoritratti é stata seguita dalla ricerca negli album degli archivi fotografici di famiglia.
Il filo conduttore del progetto fotografico si é sviluppato poi quasi per caso, facendo dialogare le immagini tra presente e passato e facendo parlare ed esprimere gli antenati.
Credo che il progetto autobiografico sia un obbiettivo troppo alto per il tempo del workshop, ma al tempo stesso sia una “calamita” capace di muovere un percorso autentico. Vedo il progetto finale non come un “mio” progetto autobiografico ma come l’incontro con un “mentore” che aiuta a tirar fuori qualcosa di ancora nascosto, informe, fino a raggiungere un prima forma, forse provvisoria. Sono stato arricchito sia dal procedimento che dal risultato del progetto personale, anche se inizio a pensare che il workshop possa essere diviso in due (io, io e l’altro 1 – storia epica, lavoro di gruppo; io e l’altro 2/io e il mondo – progetto autobiografico). Continuo a lavorare sia al progetto personale che alle dinamiche messe in atto durante il workshop.
3. Sei riuscit* ad esprimere emozioni difficili e a liberartene? Come è stato?
C’é stato un momento in cui non riuscivo più a smettere di piangere per rabbia, tristezza e frustrazione. Il fatto di poter fotografare queste sensazioni e di svuotarmi davanti la macchina fotografica, credo che abbiano accelerato la presa di distanza dalla cascata di emozioni che mi stava travolgendo e che non mi faceva vedere la situazione che stavo vivendo con calma e chiarezza.
Più che emozioni difficili sono riuscito ad esprimere semplicemente emozioni, ad accettarmi, ad autorizzarmi ad essere (j’ai le droit!).
Credo che il procedimento messo in atto non sia “solamente” catartico, il buttare fuori qualcosa che poi puntualmente si ripresenta nella forma nascosta, “bloccata”. Forse il produrre un’immagine di sè e mostrarla comporta un passaggio interiore, una modificazione, una presa/assunzione di coscienza.
Attualmente penso che la “rabbia” sia l’esercizio più fondamentale, perchè bene o male ci sarà sempre qualcosa per cui protestare nei vari momenti dell’esistenza, ed il poter esprimere questa protesta mi pare il primo passo verso una presa di posizione che faccia sentire vivi!
Credo di esserci riuscita, ho sputato il mostro ed è stato veramente liberatorio e la cosa bella è che questa “liberazione” persiste nel tempo, non è un effetto temporaneo e soprattutto adesso so, quando ne sentirò il bisogno, so come riguardare il mostro in faccia e liberarmene di nuovo.
Sì, sono riuscita ad esprimere emozioni forti e dolorose. Non è stato un processo facile ma ho avuto il tempo e il modo di capire e lavorarci. Di guardare, esaminare a fondo ed affrontare certi dolori. Sono riuscita a parlarne, alleggerendo un peso troppo spesso tenuto nascosto.
Ho fatto molto fatica soprattutto per la rabbia, emozione a me sempre difficile da esprimere, Cristina mi ha aiutata molto in questo spingendomi con vari esercizi a “ripulirmi”di quella melma che mi teneva bloccata nel mio dolore, nelle mie paure.
Solo riguardando le foto sull’espressione della rabbia c’è stata una liberazione, uno sgioglimento di un nodo ormai troppo stretto da tanto tempo.
Credo di essere riuscito a liberarmi di emozioni difficili. Quelle di cui mi sono liberato credo siano state però quelle di cui non avevo ancora coscienza.
La scoperta di questo è stata una rilevazione che ha cambiato il mio modo di guardare me stesso
é stato difficile. c’è stato un momento di grande smarrimento, in cui ho smesso di fotografarmi, di parlare, di guardarmi. un momento in cui ho sentito il bisogno di restare immobile.
in quel momento ha giocato un ruolo fondamentale il gruppo. guardare i loro lavori, leggere le loro immagini, osservare le loro vulnerabilità tradursi in opere, mi ha guidato verso la luce.
ho ripreso a parlare con mia madre, ho fatto le sessioni con i miei genitori, mi sono spinta dove mai avrei creduto di poter arrivare.
4. Hai imparato ad esplorare le molteplici percezioni delle immagini? Come è stata l’esperienza?
Il metodo di lettura delle immagini é semplice e potente, e quindi molto efficace. Intendiamoci bene non intendo dire che ora so leggere le immagini, ma che ora so stare davanti ad un’immagine instaurando un processo di percezione – proiezione efficace per me stesso e forse per altri.
Sì, ho imparato a leggere le molteplici percezioni delle immagini ed è stato fantastico. È stato davvero incredibile rendersi conto di quanto possiamo perdere di noi stessi o delle persone non soffermandoci su alcuni particolari. È una cosa che continuerò sicuramente a fare anche in futuro.
credo sia stata una delle esperienze più interessanti e stimolanti, quella della lettura delle immagini attraverso i criteri di percezione.
è stato incredibile e stupefacente scoprire quanto una singola foto abbia da raccontare, quanti segreti custodisca e quante versioni sia capace di contenere.
i dittici sono stati un’altro lavoro molto significativo per me. la possibilità di far dialogare le immagini dove spesso la realtà non riesce…. ha avuto molto senso per me
E’ stato un insegnamento molto interessante, adesso leggo le facce ovunque vada. E’ magico scoprire quanto si può leggere su un volto anche sconosciuto. Noi siamo la nostra faccia e se la si riesce a leggere si entra in un mondo fantastico.
Avrei voluto avere più tempo per dedicarmi a questa parte del processo Spex. Nonostante il fatto non sia riuscita metodicamente a commentare il lavoro degli altri, mi ha arricchito tanto, quando sono riuscita a farlo da sola o in gruppo. E’ stata un esperienza empatica e profonda. Un vero piacere quello di potersi concentrare sulle molteplici emozioni che il corpo e le diverse parti del volto possono esprimere.
Guardare le immagini attraverso le molteplici percezioni amplia di certo la profondità con cui guardano noi stessi e gli altri. Scopri che puoi cambiare il tuo stato d’animo quando guardi la foto in quel modo. Puoi migliorare il tuo umore e lo stesso puoi farlo con le immagini degli altri, puoi capire che c’è molto di più di quel che si vede all’inizio.
Credo di si, per questo è stato molto utile la lettura delle foto dei miei compagni e di conseguenza la lettura con nuovi ochhi delle mie foto.
L’esperienza è stata molto ricca e nutriente perchè ha sviluppato una molteplicità di visioni che per la maggiorparte delle volte sono state nuove e inaspettate e di grande crescita.
5. E cambiato il modo in cui ti guardi allo specchio? E la tua forza interiore, e la tua autostima? In che modo?
Sapevo di non prestare molta attenzione allo specchio la mattina prima di uscire di casa. Il mio io ideale, forse un grande Narciso nascosto e infantile, prevaleva perfino sull’immagine allo specchio. Mi sono sempre visto più con gli occhi della mente che con quelli del corpo. Quindi ora posso dire che mi guardo anche allo specchio, che vedo quello che mi piace e non mi piace di me, che riconosco quel che sono, che sono aperto a quello che posso essere ancora. Esco comunque di casa spettinato perchè non c’è verso di mettere i miei capelli in una forma.
Assolutamente sì. È cambiato molto, tutto. Ho imparato a vedermi con occhi diversi, a stare più attenta a me, alle mie emozioni, ad ascoltarmi e volermi più bene. È migliorato il rapporto con il mio corpo e con me in generale come persona, come parte di questo mondo, di questa società. Do più valore alla mia persona, alla mia esistenza.
Credo in parte sia cambiato, sicuramente c’è un modo consueto di guardarsi e c’è Spex che fa vedere altro di te, sicuramente ora posso scegliere come guardarmi!
Sulla forza interiore e sull’autostima credo di doverci ancora lavorare ma almeno ho un mezzo in più per farlo in modo diverso.
Ora sono cosciente di avere un metodo per potermi svuotare da quelle emozioni travolgenti che voglio poter controllare di più.
Il fatto di sapere che posso creare un immagine autentica rappresentando e mostrando la mia vulnerabilità, mi da coraggio per affrontare gli sguardi degli altri e quindi più sicurezza.
Sicuramente mi guardo in modo diverso, ma forse ancor di più giudico meno me stesso il che si riflette nella mia autostima che è decisamente migliorata.
Sì, son cambiata, soprattutto la mia autostima, che è sempre stata molto bassa. Sento di avere più forza interiore, mi faccio meno influenzare dal mondo esterno e se ho un obiettivo riesco a focalizzarmi di più e procedere verso quella strada. Ho imparato ad ignorare la mia voce malefica interiore che mi ripete in continuazione “tu non ce la farai mai, sei un fallimento”. Non è facile, a volte è come trascinarsi dietro un macigno, ma mi sento molto più forte, molto più sicura. La voce continua ad esserci ma io vado avanti.
mi vedo, allo specchio.
grazie agli autoscatti quotidiani, ho imparato ad accogliere una me diversa ogni mattina e questo mi ha permesso di comprendere quanto abbia poco senso chiudermi in un’unica versione di me, in un unico GIUDIZIO della persona che sono, impedendo a tutte le altre di dire la loro.
è stato molto utile per me proprio lavorare sul giudizio, sulla liberazione che è possibile sospendendolo.
riconosco il mio essere insieme vittima e carnefice. questo mi ha permesso di ribaltare alcune dinamiche di relazione, persino alcuni passaggi della mia storia personale.
mi sento più libera adesso. più capace di gestire le mie emozioni, invece di subirle.
6. E’ cambiato il tuo rapporto con le tue emozioni? Come?
Sì, il rapporto con le mie emozioni è cambiato. Adesso do più valore, più spazio, più importanza alle mie emozioni. Non voglio più reprimerle, cacciarle indietro, soffocarle. Le ascolto e cerco di assecondarle il più possibile.
Credo che sia ancora un processo in divenire perché molte sono le emozioni e di intensità diversa.
Credo che la cosa principale sia cambiato il modo di guardarle, è come se non le vedessi più in modo assoluto ma le guardassi con la curiosità e la meraviglia di un bambino quando scopre una nuova cosa e questo mi è molto utile perchè mi da modo di vedere oltre l’apparenza di un emozione.
Con tutta semplicità dico che ora posso riconoscerle, chiamarle per nome, accettarle, dare la possibilità all’emozione di produrre movimento. Ora resta un’altra parte difficile: una strategia per rendere questo muoversi in qualche modo ‘sensato’, ‘efficace’, ‘fecondo’. Per questo e altri motivi voglio continuare con “Spex”.
come ho scritto prima, sento di avere una maggiore capacità di gestire quello che sento, invece di farmi travolgere.
il fatto di essere meno giudicante, mi permette di accogliere anche quelle emozioni che finora ho etichettato come “negative”, invece di reprimerle o etichettarle. questo passaggio – difficile e destabilizzante – mi permette oggi di sapere qualcosa di più della persona che sono, più di quella che credo di essere.
Invece di reprimerle per poi scoppiare in momenti inopportuni, le posso ora utlizzare attraverso un processo creativo che poi mi aiuta a sentirmi più centrata.
Mi sento decisamente meno arrabbiata e anche quando succede, quando quel mostro, quel nodo di rabbia invade il mio stomaco, riesco molto più velocemente a scioglierlo, a lasciarlo andare, a superarlo.
Mi lamento molto meno, soprattutto in famiglia. Tendevo a lamentarmi spesso e ad arrabbiarmi perché mi aspetto sempre un aiuto che in realtà non arriva, anche nelle cose più banali come: preparare il tavolo, mettere in ordine ecc. cose piccole di cui però accumulavo la frustrazione di non ricevere risposta e poi esplodevo in maniera anche smisurata. Non lo faccio più….continuo a non essere “aiutata” ma non mi interessa più esserlo.
7. Quali altri effetti ha avuto il workshop?
Questo workshop ha avuto effetti davvero inaspettati. Sono sempre stata una persona decisa e libera ma evidentemente non del tutto, avevo ancora degli angoli da scoprire e liberare. E questo è successo.
Credo che un altro effetto importante per me è stato il superamento della mia vulnerabilità, il saperla accogliere e non giudicarla come ho sempre fatto, questo è stato molto bello.
I rimandi dei miei compagni in questo è stato utilissimo, mi sono sentita accolta ma soprattutto vista con ochhi diversi e nuovi, e questo mi ha aiutato ad identificare e conoscere parti di me fino a quel momento sconosciute.
Ho vissuto momenti intensi e di forte avvicinamento emotivo con i miei genitori e mia sorella. Soprattutto con mia sorella e mio padre. La giornata che abbiamo passato insieme in baita per le foto del “luogo” sono state importanti per tutti e tre, perché hanno riempito un vuoto che da troppo tempo andava riempito. E’ come se adesso fossi molto più serena rispetto a loro due, perché quel momento è stato fondamentale, Non avessi dovuto farlo come “compito” credo che non lo avrei mai fatto, non mi sarei mai spinta fino a quel punto.
i commenti, gli scambi, i feedback dei miei “compagni di viaggio” hanno contribuito ad accrescere la consapevolezza rispetto alla mia unicità, hanno smussato la paura del “giudizio”
E’ stato entusiasmante potersi incontrare per studiare, ascoltare, contemplare le esperienze emotive di ciascuno di noi. Un percorso quasi spirituale. Trovo peccato che il percorso duri solo per un paio di mesi.
Ho la sensazione che se lavori su di te in modo autentico, attraverso gli alti bassi insiti in un “percorso”, allora anche chi ti è vicino ne sente il beneficio: molte cose diventano più facili.
Ho imparato a giudicare me stesso e anche il lavoro meno, di lasciare così che quello che ho dentro emerga, almeno in parte perché credo che la strada sia ancora lunga.
8. A che cosa ti è servito il workshop?
Volevo ritrovare la cretività che avevo perso e non solo l’ho ritrovata ma ho avuto anche maggior consapevolezza, su quello che sono e che vorrei essere, su quello che voglio. Questo workshop mi ha dato la possibilità di capire che “lanciarsi” non è sempre male, che stare fermi, chiusi, non serve a niente. E allora mi lancio, mi lancio pensando che l’atterraggio sarà sicuramente morbido.

Grazie Cristina,
grazie per questo workshop,
grazie per questa esperienza.
Mi sono avvicinato al workshop a motivo della fotografia, senza avere un interesse particolare per l’autoritratto. Il workshop mi sta -ancora adesso – consentendo di cercare un mio modo di usare della fotografia.
Un secondo elemento importante è la possibilità di rileggersi, nella propria storia di vita, nelle relazioni importanti, negli eventi critici. Questo il lato “terapeutico”: ho avuto occasioni di lavorare su me stesso!
Mi ha attivato, in termini di idee, di possibilità da mettere in atto, di elementi da approfondire ulteriormente, di dimensioni da scoprire.
Il workshop mi ha aiutata, ad aprirmi, ad affrontare me stessa a non avere paura degli sguardi degli altri e dei loro giudizi. Mi é servito ad intraprendere finalmente un discorso fotografico legato all’autenticità come conseguenza del mostrare la propria vulnerabilità.
il workshop mi ha aiutato a comprendere la potenza del processo creativo come mezzo per dialogare con l’inconscio ed esprimere ciò che ha bisogno di essere espresso.
questo metodo mi ha aiutato a comprendere cosa significa “guardarsi” e soprattutto come utilizzare l’espressione artistica per sovvertire certi schemi mentali e certe dinamiche che ci impediscono di evolvere.
la strada è lunga, ma stimolante e densa…
grazie!
Mi ha aiutato a capire in che direzione voglio andare, mi ha indicato una strada in un momento della vita in cui mi sarei potuta perdere ovunque. Mi ha detto uno stimolo importante, un obiettivo concreto e non è poco. Per me in questo momento è fondamentale.
E’ un faro, una strada da percorrere perchè rischiavo di vagare nel vuoto totale. E soprattutto è una strada che ho trovato io, perchè per tutta la vita mi sono aggrappata alle strade tracciate da altri, almeno questa è la sensazione. Questa volta sono io su quella strada e vado. Mi sono sempre appoggiata ad altri ma adesso mi appoggio a me stessa e ho meno paura. E’ come quando trovi l’incastro giusto in un complicato puzzle e tutto il disegno diventa chiaro.
Il workshop mi è servito a sfaldare la maschera di donna forte, accogliendo la mia parte più vulnerabile e dolce, tenera che mi suggerisce” vai bene anche così”!
A mettere a nudo la mia vulnerabilità di fronte ad altri, a smettere di vergognarmi di quel che sono e del mio corpo